2005
Bianca_neve al semaforo rosso, Galleria Arte ed altro, Gattinara
A cura di Vladek Cwalinski

“L'idea da cui questa mostra prende corpo è nata da una serie di fotografie che Letizia ha realizzato nel corso del 2004. A Milano, si sa, sono esattamente vent'anni che non si registrava una nevicata 'epica', degna di essere chiamata tale. Esattamente dall'inverno 1985, quando fioccò ininterrottamente per una settimana, giorno e notte: le macchine provenienti dalla periferia arrivavano in città a passo d'uomo con le catene; si bloccarono i tram, le scuole rimasero chiuse per qualche giorno, crollò addirittura il tetto del Palazzetto dello Sport.

Però la gente si divertiva per quella vacanza inaspettata, c'era persino qualcuno che, risalendola a piedi, andava a sciare sulla montagnetta di San Siro e altri che facevano sci di fondo al parco Sempione, a Trenno, al parco Lambro. Ma poi, da allora, niente. Qualche imbiancata sporadica, che spariva inevitabilmente nel giro di un paio di giorni, trasformandosi in una terribile poltiglia, tra il giallognolo e il brunastro, addossata ai bordi dei marciapiedi, mangiata dall'asfalto.

“Così Letizia, che ama la neve, è andata a cercarsela altrove, a Torre Pellice, in Piemonte, in località Chanramà, dagli amici Elvino, Francesca e Miriam. Il fatto che certa critica le abbia affibbiato, senza che lei lo volesse, l'epiteto di pittrice milanese, in particolare d'interni, non le toglie dunque la pos­sibilità di muoversi; penso che a questo proposito in futuro si ve­dranno parecchi dipinti che costringeranno a rivedere posizioni date per assodate. Dato che è molto curiosa le venne istintivo entrare nei boschi, immergere il viso là dove gli alberi inizia­no a diventar più fitti, come alla ricerca di qualcosa di nascosto, di segreto, di perduto, forse. Nacquero queste foto che riprendevano frammenti di paesaggio invernale, scorci, con una visuale esclusivamente terrestre, ai piedi dei tronchi, tra gli arbusti, con foglie secche e sterpi coperti dal candido mantello di neve recente. In quell'ambientazione si capiva che c'era ancora la vita, assopita sotto le lenzuola dell'inverno, con un'apparenza di morte, e che, prima o poi, sarebbe saltata fuori di nuovo. Infatti già se ne intuivano i segni, rari e discreti: il giallo di qualche foglia ostinata che non voleva cadere, il bruno di una corteccia, il marrone rosato di qual­che fusto in lontananza, qua e là sprazzi di cielo plumbeo che face­va capolino tra quell'intreccio di rami che si sovrapponevano l'un l'altro, in un intrico di linee, piani e direzioni, (dove le povere foglie secche rimanevano impigliate come mosche dentro una ragnatela), come le nervature di una qualche straordinaria cattedrale gotica che nessun architetto si sarebbe sognato di realizzare, nemmeno nel­le isole Aran."

Testi tratti dallo scritto “Bianca Neve al semaforo Rosso“
di Vladek Cwalinski