2004
Schattenspiele, Samuelis Baumgarte Galerie, Bielefeld
A cura di James Rubin
“… I temi che contraddistinguono la sua arte e i suoi quadri di grandi e medie proporzioni, hanno anticipato soggetti e forme oggi al centro della ricerca europea. Oggetti e situazioni legati alla vita quotidiana caratterizzata da una forte presenza dentro pareti domestiche, un’emotiva e partecipe relazione con gli eventi anche minimi e accidentali della realtà fuori, osservata dalla finestra di casa e per le strade della città, fino a uno sguardo commosso di paesaggi urbani, coinvolto per tutto ciò che giunge da lontano, fino alla cronaca inaspettata di alcuni avvenimenti di attualità internazionale.
Gli oggetti perdono la banale inconsistenza che hanno per chi li percepisce con distratta superficialità e si caricano di una vitalità espressiva che può essere drammatica, ironica o misteriosa ma sempre e comunque sorprendente.
Come ha scritto recentemente Luca Beatrice “quadri che suonano, rumorosi come i capolavori del Futuristi, capaci di restituire particolari e frammenti di vita quotidiana”. La poetica della Fornasieri, che ha incrociato lo sguardo interessato di scrittori e poeti di Milano e Roma, gira su questa ideologia dello spazio che è il dilatarsi della dimensione dell’individuo che, sommata a quella degli altri, dà luogo all’insieme misterioso: la città di tanta gente che passa e prende il metrò, degli ingorghi stradali, dell’indecifrabile eclettismo architettonico.
Elena Pontiggia, critico che sottolinea di frequente l’originalità di Fornasieri, sinteticamente parla di “questa visione “dal basso”, che sa catturare un momento di vita vissuta senza maschere della psicologia, nella consapevolezza che le cose esistono in quanto agiscono, operano. Perché la vita non è fatta di gesta, ma di gesti”. (Quest’ultima frase, bella in italiano, sicuramente non funziona in tedesco. Andrebbe sostituita con una altrettanto forte ma di chiarezza assoluta essendo anche in chiusura del testo. Ti lascio l’incombenza di parafrasare la Pontiggia)”.
James Rubin