1998
Dio sorride alle 12.20, Meeting per l'amicizia fra i popoli, Rimini
A cura di A. Rovetta e M. Rossi

L'incontro con Cristo nella pittura di Letizia Fornasieri
Mostra a cura di Marco Rossi e Alessandro Rovetta con la collaborazione di Francesco Gesti, Simona Porrati, e Paola Navotti

"La realtà mi chiama ed io rispondo. Dico sì ad una cosa che c'è, mi concedo all'attrattiva che la realtà manifesta. Non posso sottrarmi al bello che mi chiama". Con queste parole Letizia Fornasieri ci introduce con chiarezza e semplicità nell’impeto di domanda e di comunicazione della sua pittura. Guardando le cose quotidiane che vivono nei suoi dipinti (mele, tubetti di colore, fiori) si è rassicurati che la realtà c'è, non è ingannevole apparenza. I ripidi scorci, l'intensità del colore, la densità della materia pittorica ricompongono la casualità degli oggetti in un'intuizione di bellezza, sorpresa in un preciso istante del tempo, segno indubitabile di una positività delle cose. La realtà c'è, perché qualcuno la genera, la fa vivere intensa e misteriosa.
Per questo lo sguardo dell'artista varca lo stretto perimetro del proprio studio e continua a cercare, trovando case, strade,automobili, tram, segnali. Gli accostamenti dei colori e delle forme si fanno più decisi, a volte violenti, come la ferita che il cuore sente per quell'inevitabile scarto tra il proprio desiderio d'infinito e la parzialità di ciò che un attimo prima ci aveva attratto e corrisposto. Ma non si avverte scoraggiamento; tutto è percepito come strada, cammino, direzione: "più in là". Incroci, automobili, vie; anche le impalcature della casa in corso di ristrutturazione si trasformano in un gonfio veliero e, finalmente, uno di quei taxi che percorrono la città si ferma sotto casa: qualcuno è venuto a prenderci.
Questo inesauribile impegno con la realtà accompagna l'artista alla scoperta di sè: tutto esiste perché l'io prenda coscienza del suo cuore. È il momento degli autoritratti, un passaggio decisivo nel percorso della pittura di Letizia Fornasieri.

Continuo e curioso è il cambiamento dei punti di vista, delle occasioni e dei contesti nei quali la pittrice sorprende la propria figura: nell'esile fierezza di un bambino, con gli occhi sempre spalancati, accanto all'incombente presenza di volti e cose. L'impossibilità di concepirsi al di fuori del reale è sentita ed espressa in tutta la sua dimensione drammatica, per quella evidenza di alterità tra l'io e il mondo che a volte ci lascia in un'interrogativa inquietudine, come in Letizia, oppure ci concede un felice momento di corrispondenza, come nel bellissimo " ... e l'occhio si aprì ad una possibile meraviglia".
Un successivo passaggio è il riconoscimento del volto degli altri uomini. Già in precedenza la Fornasieri aveva colto la figura umana tra le pieghe delle vicende familiari - Annetta - o nell'anonimato della condizione cittadina - Uomo nel metrò - : un io smarrito e solo, che grida una domanda di significato proprio attraverso la mano dell'artista.
Ma avendo iniziato a riconoscere i tratti distintivi del proprio volto, nasce prepotente il desiderio di conoscere con precisione il volto e il nome degli altri uomini. L'individuazione di sè e degli altri coincide con un imponente cambio di misura figurativa, con un più forte accento espressivo e con la ricerca di nuove soluzioni formali: dalle molteplici accezioni del bianco/nero e del bozzetto, alle diverse connessioni con l'immagine giornalistica e la tecnica fotografica.
Lo sguardo sui compagni di viaggio non è più generico, ma punta deciso all'individuazione, come in Rabin.

C'è bisogno di un uomo. Per dar seguito al desiderio di senso e di compiutezza suggerito al cuore dall'impatto con le cose, ci vuole un uomo: non in senso generico, ma qualcuno da chiamare per nome.
È a questo punto che accade l'incontro con Gesù: un avvenimento pittorico che lascia trasparire tutta l'intensità umana di un'esperienza vissuta, generosamente comunicata. Dapprima è la ricerca del volto di Gesù. La scelta cade, non casualmente, su Cristo crocefisso, attentamente osservato nell'interpretazione di alcuni grandi artisti del passato: da Michelangelo a Caravaggio, da Giotto a Rembrandt. È un passaggio importante, necessario, ma non conclusivo: alla fine si impone il volto di Cristo incoronato e vissuto dalla persona. Tutto questo accade su grandi fogli di carta bianca, con matite, carboncini e pastelli: è un inizio, il primo addentrarsi in un'impresa straordinaria. C'è tutto il senso della soglia appena varcata, pieno di stupore e di curiosità, con gli occhi e il cuore spalancati per l'incontro avvenuto.
Questa dimensione è ancora più evidente nei bozzetti che rappresentano alcuni incontri di Gesù: con Giovanni, Pietro, l'Angelo, Giuda, il buon ladrone e Letizia.
L'immedesimazione dell'artista si concentra sui volti e sui gesti: il resto è appena definito, come se i fatti rappresentati emergessero da una realtà altrimenti opaca e confusa. La composizione sembra sempre scaturire dalla profondità e i corpi si legano tra loro valorizzando il senso di reciprocità che anima l'immagine. Negli occhi, nella bocca e nelle mani il tratteggio si fa più definito e pittorico, perché lì si concentra e prende forma il vertice dell'amore di Cristo per i suoi amici.
Questi grandi bozzetti, oltre a suggerire la piena umanità generata dall'amicizia con Cristo, comunicano la certezza di un fatto presente, che è accaduto e riaccade, con la stessa energia con la quale ti vengono incontro, quasi uscendo dal piano bidimensionale, le potenti figure dipinte.
È un inizio: non sappiamo dove porterà. Ma ci sembra che questi primi passi abbiano una grande forza evocativa, che merita di essere partecipata a tutti.

Marco Rossi e Alessandro Rovetta