2000, Arte

IL FASCINO DEL DISCRETO

Non ha mai ceduto a lusinghe troppo facili. Crede profondamente nella sua pittura. Di carattere deciso e volitivo, Letizia Fornasieri persegue con tenacia la sua ricerca artistica, iniziata più di venticinque anni fa, quando era studentessa a Milano, all'Accademia di Brera.

L'ostinazione della pittura
Letizia Fornasieri, che oggi ha 45 anni, è una persona molto determinata ed esigente. Con se stessa prima che con gli altri. Niente e nessuno può distrarla dalla sua grande e unica passione: la pittura. Per questo non è sempre facile avvicinarla. Neppure se a cercarla è un gallerista. È successo così anche a ]immy Rubin, che dirige lo spazio milanese Lawrence Rubin, dove, a fine novembre, sono esposti i suoi lavori più recenti. Organizzare la mostra è stata una vera impresa. Tutto è cominciato qualche anno fa, quando Rubin, passando in bicicletta per via Brera, vede esposto nella vetrina della galleria Ponte Rosso un quadro con un grande mazzo di ciclamini. Ne rimane folgorato e s'informa subito sull'autore, Letizia Fornasieri. La chiama per fissare un appuntamento in galleria. Niente da fare. La sua offerta non suscita nessun interesse, invece dell'attesa adesione ottiene un secco rifiuto. Inaspettatamente, però, qualche mese dopo Letizia si rifà viva. Piomba in galleria, da Rubin, come se l'invito fosse del giorno prima. Al momento della telefonata, semplicemente, non aveva voluto sottrarre tempo alla pittura.
Letizia Fornasieri vi si dedica ogni giorno nel piccolo studio di casa o in quello più grande di via Teodosio, a Milano. Ma anche in una soffitta, che certi amici le hanno prestato per un lavoro speciale e che chiede uno spazio tutto per sé. Qui, infatti, sta, portando a termine la grande Via crucis, una tavola a olio di sei metri per tre, alla quale si aggiungono altre sette tavole di un metro per uno. Per adesso sono lì, in fila l'una accanto all'altra, sotto le travi, appoggiate ai pavimenti sconnessi in attesa dell'ultima maturazione, del consenso finale. Che può tardare anche molto, attenta com'è a evitare ogni nota che non regga nel tempo.
L'entusiasmo che ha per il suo lavoro ha contagiato molti altri. Non solo Cristina Griner, l'amica che l'aiuta nelle pubbliche relazioni, sempre accompagnata dal suo spinone italiano Yuri, modello preferito della Fornasieri. O Camillo, il fratello minore, con cui ha un rapporto molto stretto e che ha escogitato un modo gentile per comunicarle pareri, consigli, osservazioni: affida i messaggi a biglietti che lascia vicino alle tele in lavorazione.

Il confronto con la realtà
A casa Fornasieri c'è sempre stata molta attenzione per tutti gli aspetti della cultura, per la storia, la filosofia e naturalmente e soprattutto per l'arte. Il padre insegnava matematica, il fratello maggiore è pianista, come la nonna, che però dipingeva anche. "Abbiamo imparato dalla mamma a considerare importanti anche le cose di tutti i giorni", racconta, parlando della famiglia. Ed è questa attenzione per la realtà minuta che l'ha favorita, forse decisa, a confrontarsi con essa. "Non per competere con la realtà, ma per conoscerla meglio. E conoscere me". Questa specie di missione che è per lei la pittura è perciò anche un dono prezioso, che le permette di esprimere il senso delle cose, di rivelarle il tesoro nascosto. Gli oggetti parlano e lei li ascolta, "prestando orecchio, cuore e mente", come spesso ripete ricordando le parole amatissime del grande poeta Rainer Maria Rilke. "Spesso il significato profondo delle cose che abbiamo sempre davanti sembra sfuggire", spiega, "per questo, quando voglio dipingere una natura morta lascio sul tavolo per qualche giorno le mele che ho scelto come protagoniste. Come se le avessi dimenticate. E aspetto". In attesa che siano proprio le mele a rivelarle il loro segreto. Che poi è il significato della realtà, delle cose umili. Quando le mele diventano un quadro sono la risposta meditata che riceve alle sue domande. Mele, cipolle, tubetti di colore e stoviglie sullo scolapiatti di cucina giganteggiano ora sulla grande tela. I suoi soggetti non sono mai inventati. Sono sempre tratti dalla realtà e senza riferimenti alla pop art o all'iperrealismo. Non sono neppure nature morte. Sono vive, proprio come la realtà.

Dipinti metropolitani
Anche quando affronta il tema della città, è come se Letizia Fornasieri non uscisse dalle mura domestiche. Per lei, la città è la grande casa di tutti. Anche tram, semafori, taxi, autobus sono guardati con l'affetto che si tributa a vecchi mobili e oggetti familiari. In queste sue composizioni è tutto un susseguirsi di prospettive e piani ravvicinati, dove a prevalere è il colore. Proprio il colore, steso con il pennello o con la spatola, è ora il punto di partenza del dipinto, dopo che la tela è stata preparata con un fondo nero, pronto a riunire tutte le tonalità. Per prime emergono le grandi masse gialle, arancio, blu: il tettuccio del taxi, la serie di semafori, il muso del tram. Poi a poco a poco prendono forma i particolari: la gente in piedi dietro ai finestrini del tram, le insegne dei negozi, le braccia di un guidatore. Letizia Fornasieri non vede nella metropoli un luogo alienante, fonte di angoscia. Il suo sguardo è pieno di affetto. Abbraccia tutte quelle azioni quotidiane che accompagnano l'esistenza con la benevolenza che riserva ai piccoli oggetti delle nature morte. Dipinge le azioni di tutti i giorni come gli oggetti di tutti i giorni. I due aspetti fondanti della realtà. Che continua, ogni mattina, a scavare. Per amare meglio.

di Marco Fragonara