2003, Arte

Presenze e angeli metropolitani

Un tempo, Letizia Fomasieri dipingeva soprattutto gli oggetti e le stanze della propria casa. La sua era una pittura intimista, che sembrava ricercare nella semplicità degli oggetti quotidiani - un portapenne appoggiato sul tavolo, una lampada, mazzi di fiori - o in qualche scorcio di palazzo o di cielo intravisti attraverso la finestra del suo terrazzo uno scorcio di verità, quasi un simbolo di quella ricerca del senso del reale che da sempre è al centro del pensiero filosofico e religioso. "Avevo appena finito l'accademia", ricorda la pittrice, "quando cominciai a percorrere casa mia per ritrarne ogni oggetto. Cercavo, mi sono resa conto in seguito, la ragione della loro esistenza, e dunque, indirettamente, anche della mia. Solo dopo qualche anno ho iniziato a dipingere pure ciò che vedevo all'esterno: i palazzi, le macchine, i tram". Col tempo, Letizia sembra essersi sempre più staccata da quell'intimismo un po' claustrofobico, per continuare, con maggiore libertà nella scelta dei soggetti, la stessa ricerca attraverso le mille sfaccettature del reale: si tratti di un tram che si fa largo nel traffico in una qualsiasi via di Milano o di un gruppo di ragazzini che giocano a pallone in un campetto improvvisato, o delle mani di un vecchio intento a leggere il giornale sulla banchina del metrò.

La scuola lombarda. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta la Fornasieri è stata una delle protagoniste - benché leggermente più appartata rispetto ad altri come Frangi, Velasco e gli artisti che giravano attorno all'Officina milanese - della rinascita pittorica avvenuta nel capoluogo della Lombardia: i suoi interni, le sue nature morte, i suoi scorci di vie facevano spesso capolino nelle collettive della nuova scena pittorica lombarda. E profondamente radicata sul territorio della sua Milano, dov'è nata e cresciuta, è a tutt'oggi la sua pittura. Le strade che si vedono nei quadri sono quelle di Milano, così come lo sono, al di là di ogni dubbio, le persone che si ritrovano, come strani angeli metropolitani, immersi nel caos di una carrozza del metrò o in attesa su una banchina. "Un giorno", racconta l'artista, "trovandomi in una sala d'aspetto, mi sono messa a guardare con interesse le mani, le posizioni assunte, i gesti delle persone che stavano sedute intorno a me. Da quel momento, ho cominciato a far caso ai gesti involontari della gente che incontravo: un paio di mani incrociate, un braccio che porta una borsa della spesa, il movimento ritmico di un gruppo di ragazzini mentre giocano a pallone. Ho capito che non solo nell'intelletto, come siamo sempre abituati a pensare, ma anche nei gesti più banali, si rivela l'identità di una persona".

Le mani di Annetta. Dagli oggetti di casa ai gesti dei passanti, e da questi a quelli dei suoi familiari: in particolare, l'attenzione di Letizia si è concentrata ultimamente sui gesti compiuti dalla sorella minore, Annetta, rimasta in uno stato mentale seminfantile a causa di una malattia congenita. "Guardavo un gesto che conosco bene: quello, ripetuto da Annetta in maniera ossessiva, di far ruotare un piatto su un tavolo. E mi sono accorta della strana similitudine con i movimenti che i più grandi pianisti eseguono sulla tastiera del pianoforte. L'ho trovato affascinante e misterioso". Un mistero che la pittura, se non può svelare, può cercare almeno di porre in evidenza.

di Alessandro Riva