2002, Tracce

UN GESTO NELLA SOFFERENZA E NELLA GRAZIA

A Milano presso la galleria Rubin, la mostra di Letizia Fornasieri. Nei suoi quadri storie di vita metropolitana ambientate in paesaggi disadorni. Ma sempre è possibile rintracciare le tracce di un’inaspettata speranza
La mia amica Letizia Fornasieri mi ha portato un po' di foto del suo studio, dove si vedono le sue opere più recenti: quelle ispirate agli attentati in Medio Oriente, agli autobus che saltano in aria per il tritolo dei kamikaze. Alcune saranno esposte in dicembre a Milano, presso la Galleria Rubin, in una personale dell'artista a cura di Luca Beatrice.
Le foto gliele ho chieste io. Sono appena stata nel suo studio, ma per scrivere questo articolo volevo avere ancora qualche immagine davanti agli occhi. Il fatto è che i quadri non li si guarda mai abbastanza. I quadri ne sanno di più degli artisti, figuriamoci se non ne sanno di più dei critici. Le foto che Letizia mi ha procurato sono molte. «Non so se ti serviranno, non sono un granché», mi scrive nel biglietto che le accompagna. Eccome, se mi servono. In una si vede un pastello dove c'è un autobus ridotto a un grumo tumefatto di neri e biacche. Con quelle linee che non stanno più insieme e le lamiere che si squadernano, sembra composto di pesanti cancellature, più che di segni.
Sulla parete del suo studio, vicino al pastello, è appeso un ritaglio di giornale con l'istantanea della tragedia, la corriera sventrata. Lo paragono all'opera di Letizia: non c’è che dire, è più vera del giornale, ha più significato. Del resto gli artisti fanno proprio questo: non riproducono quello che vedono, ma vedono quello che noi non avevamo visto.
Ma non è finita. Sulla parete dove ci sono il pastello e il ritaglio c'è anche una riproduzione del Rosso Fiorentino, la Deposizione di Volterra: Cristo morto calato dalla croce, con quell'incredibile groviglio di persone che si agitano e si affannano a tenerLo in braccio, perché non cada. Letizia ha tracciato sulla fotografia una freccia che va dal Rosso al ritaglio di giornale e ha scritto che la corriera «sembra una Deposizione» .
C'è tutta Letizia in questo commento: il suo sguardo partecipe, pieno di compassione, ma anche di tensione visionaria. È lo sguardo di chi è stato educato a capire che Cristo c'entra con tutta la nostra vita quotidiana. Dov'era Dio - si è chiesto qualcuno - quando è crollata la scuola di San Giuliano di Puglia? Ma come dov'era? Era li, fra i bambini di sei anni, sotto le macerie.
La corriera che esplode sotto le bombe di un attentato è il simbolo della violenza che ci contraddistingue tutti (a proposito: il fatto di rappresentare gli attentati contro Israele non è per Letizia Fornasieri una scelta di parte. Non c'è nelle sue opere - sembra ovvio dirlo, ma non si sa mai - una divisione del mondo in buoni e cattivi, in carnefici sempre colpevoli e in vittime sempre innocenti, cui ci ha abituati una certa storiografia manichea. C'è semmai la constatazione del dolore, della morte, del male che ci accomuna e da cui nessuno può chiamarsi fuori). Eppure, proprio lì dove dovrebbe esserci solo disperazione, troviamo le tracce di un'inaspettata speranza. Non per niente da quelle lamiere scardinate e accartocciate sembra spuntare una grande ala che si alza nel cielo. Come se il tetto della corriera diventasse improvvisamente leggero, capace di volare come una stella filante. Come un angelo.
È ancora una storia di sofferenza e di grazia, quella che Letizia ci racconta. Le sue sono storie metropolitane, ambientate nei paesaggi urbani più disadorni. Ma sono anche storie piene di fede. Cioè di fiducia nel fatto che c'è qualcosa di più grande dell'uomo e del male che sa generare.

di Elena Pontiggia